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I Gruppi in Psicoanalisi

I GRUPPI IN PSICOANALISI

I Gruppi in Psicoanalisi


  Psicoanalisi e gruppoanalisi trovano una sostanziale continuità nel riconoscere primaria importanza ai processi psichici inconsci; processi che intervengono nell’influenzare le nostre percezioni, i nostri ricordi, le nostre rappresentazioni. In termini gruppoanalitici si tratta però di un inconscio gruppale, o meglio transpersonale, come proposto da Foulkes (1973) in riferimento all’interiorizzazione delle relazioni interpersonali e transpersonali Questo diverso modo di concepire l’inconscio si riflette nel diverso modo delle due prospettive teoriche di concepire il gruppo e il suo “utilizzo” nell’intervento terapeutico.

  Freud considera il gruppo come un certo numero di persone in grado di stare insieme solo fino a quando ci sono all’esterno altri gruppi, altre persone verso cui esprimere sentimenti aggressivi. I sentimenti ambivalenti sono derivati dal proprio ambiente familiare e trasferiti nelle relazioni sociali con forme di identificazione con il leader. I gruppi esterni acquistano importanza perché permettono di dirigere verso essi le proprie tensioni emotive.  E’ l’identità di atteggiamenti verso lo stesso oggetto che unisce gli individui tra loro. La riflessione principale è quella della dipendenza, vale a dire, di una identificazione comune con il leader rappresentate della figura paterna. La stessa modalità può essere condivisa dalle persone nei confronti di un’idea, un’astrazione, un desiderio che prende il posto dell’oggetto  I primi psicoanalisti che hanno cercato di applicare al gruppo questi principi, considerano il gruppo come un insieme di persone che si identificano con il leader considerato come capo, modello accettato e condiviso da tutti gli altri. Le radici della psicoterapia di gruppo e in particolare della gruppoanalisi sono, in realtà, molto diverse da quelle della psicoterapia individuale. E’ possibile distinguere tre periodi collocati all’interno di storie e vicende che hanno aperto alle novità e alla creatività dei rispettivi capiscuola. Il primo periodo tra il 1910 e il 1930, è rappresentato dai pionieri della terapia di gruppo quali Pratt, Lazell, Marsh, e Burrow; il secondo compreso tra il 1930-40 rappresentato da Weunder, Schilder, Wolf e Slavson; e il terzo periodo, il più importante considera i veri fondatori della gruppoanalisi: da Bion, Foulkes ad Ancona, De Marè, Carli, Napolitani, Di Maria, Lo verso e altri ancora. Costoro hanno elaborato modelli di intervento arricchendo notevolmente le ipotesi teoriche di Bion e Foulkes. Gli ambiti di intervento della gruppoanalisi sono differenziati secondo tre modalità principali (Napolitani 1984), analisi in gruppo (metodo rotatorio), in cui ogni persona a rotazione assume il ruolo di protagonista; analisi di gruppo (metodo collettivo), in cui ogni verbalizzazione è espressione del gruppo; analisi attraverso o mediante il gruppo (metodo relazionale), in cui l’attenzione è rivolta sull’individuo e sul gruppo, sulle loro dinamiche relazionali inconsce che vengono mobilitate nel gruppo. L’analisi in gruppo si pone in rapporto di totale continuità teorica con la psicoanalisi di Freud, ne accetta integralmente i principi e la tecnica negando la specificità psicologica al gruppo considerandolo solo un luogo “altro” dove praticare la psicoanalisi di singoli individui. D’altra parte Freud, nonostante il suo interesse per i fenomeni sociali e per le implicazioni psicologiche che ne derivano per l’individuo, non pervenne mai alla fondazione di una psicologia sociale ma fu sempre molto attento che la psicoanalisi restasse una psicologia individuale. Perfino la sua opera più sociale “Psicologia delle masse e analisi dell’Io” (1921), in genere considerata un punto di riferimento per lo sviluppo delle teorie psicanalitiche suoi gruppi, mette in risalto il rapporto Io/massa (e non Io/gruppo), con un’attenzione prevalente all’Io. In molte delle teorizzazione psicoanalitiche successive a quella freudiana, il sociale assume sì notevole rilevanza, ma non fino al punto di acquisire specificità psichica extraindividuale e viene ridotto all’intrapsichico, ai suoi fantasmi e alle sue dinamiche.  

   La nascita della psicoterapia di gruppo si ebbe soprattutto per opera di Wender, Wolf, Slavson e Schilder, i quali avvalendosi della competenza psicoanalitica applicarono al gruppo i principi della psicoanalisi così come avviene nel setting individuale, interpretando i disturbi psichici mediante i lapsus, libere associazioni, sogni, resistenze degli individui, pur favorendo gli scambi tra i vari membri del gruppo. Nei gruppi i pazienti si alternavano in una seduta di psicoanalisi individuale svolta in gruppo; esso rappresentava la famiglia originaria ed in generale un microcosmo della società. In particolare, si riteneva che la psicoterapia in gruppo basata sull’intervista analitica consentisse, rispetto all’analisi individuale, una maggiore visibilità degli atteggiamenti transferali dei pazienti grazie alla presenza di “transfert multilaterali” e al fatto che il gruppo si costituisse per ciascun paziente come riproduzione del nucleo familiare originario.  Per Bion, capostipite riconosciuto dell’approccio definito analisi di gruppo, invece il gruppo è un insieme di persone che si trovano tutte allo stesso grado di regressione, per effetto delle rinunce che derivano dal contatto di ciascuno con la vita affettiva del gruppo. L’uomo, dichiara lo studioso, è un animale politico e la sua osservazione in gruppo rende visibile tale attributo. La gruppalità dell’individuo è intrinseca al suo psichismo e prescinde dalla reale presenza del gruppo. L’individuo deve stabilire un contatto con la vita emotiva del gruppo e questo gli pone il problema di evolversi e differenziarsi, e di affrontare il timore connesso con questa evoluzione. Bion parla di assunti di base concetto fondamentale della sua teoria sui gruppi; lo stato emotivo del gruppo, ansia, odio, amore e simili precedono gli assunti di base, che rappresentano le manifestazioni della regressione. Le ansie psicotiche insorte in rapporto ai primi oggetti sono riattivate in molte situazioni adulte (Grinberg et al., 1972Nei gruppi bioniani il terapeuta focalizza l’attenzione sulla interpretazione del transfert in termini gruppali.  Bion parla di meccanismi di difesa collettivi, essi si fondano su un’assimilazione psichica che passa dall’uno all’altro dei componenti del gruppo, al punto di formare uno sfondo indifferenziato chiamato sistema protomentale. Il primo assunto di base è quello della dipendenza: il gruppo o parte di esso, vive l’esperienza di una completa impotenza di fronte ad un pericolo sovrastante ed immediato, regna l’assenza di iniziativa e la possibilità di cavarsela da soli, giganteggia invece la figura del leader. Il secondo assunto di base, quello di attacco e fuga, si ha quando il gruppo ricerca la salvezza su se stesso, indipendentemente dal suo leader e guarda chi nel proprio gruppo può essere in grado di guidarlo a combattere il nemico.

   Ciò che si cerca, è che qualcuno prenda in mano il comando, esprimendo il massimo dell’aggressività di cui il gruppo è depositario e canalizzandola verso un solo obiettivo di vittoria. Il terzo processo sviluppato, è quello dell’accoppiamento che si potrebbe definire come una ricerca di alleanze: ogni membro è convinto che solo dalla sua unione con l’altro può venire la salvezza, tale unione si presenta come un fatto creativo, quasi come una generazione di carattere sessuale. Tutti e tre questi meccanismi di difesa, rappresentano aspetti che il gruppo può assumere quando la dinamica profonda sia messa allo scoperto. Per Bion la gruppoanalisi è parte e filiazione della psicoanalisi, con la quale non deve rompere il rapporto. Gli assunti di base sono la manifestazione esteriore di qualcosa che è proprio del soggetto nel suo strato proto-mentale e, pur se arricchiti dalla dialettica che contrappone quelli manifesti a quelli latenti questi ultimi considerati di maggiore importanza, l’oggetto di intervento rimane sempre il mondo interno, nella sua espansione gruppale. Nel trattare al dinamica dei gruppi Bion, influenzato dal modello lewiniano, è carente nell’indagine appropriata dell’inconscio gruppale; conosce soltanto quello declinato sulla dinamica degli assunti di base, visti come dimensioni del campo sociale, e si limita a unificare l’insieme dei componenti del gruppo e a metterlo al posto della mente individuale. Rimane, quindi, a livello sociologico, statico, senza focalizzarsi sulla dinamica dei componenti del gruppo, tranne che per dire che gli assunti di base, originano dallo stato proto mentale individuale. Il tentativo di approfondire il discorso si declina sulla falsa riga della teoria kleiniana, quindi non porta ad alcun risultato positivo per la conoscenza del gruppo, poiché costituisce un riduzionismo di stampo psicoanalitico. L’analisi mediante il gruppo ha come rappresentante principale Foulkes che pose come principale tecnica di lavoro nel gruppo, l’analisi attraverso il gruppo (by the group), per mezzo del processo che si attua dalla matrice di base per evolvere in quella dinamica. Foulkes considera la mente come un fenomeno trans-personale e trans-generazionale, come il sedimentarsi delle modalità relazionale familiari. L’autore propone una lettura del gruppo (sia familiare sia terapeutica) attraverso quello che accade qui e ora.

   Il gruppoanalista pone attenzione al processo attraverso il quale il gruppo attraversa emozioni, affetti, pensieri autoriferiti o del singolo membro. Ma anche di fronte alla coppia di genitori, si assesta nella mente del terapeuta un gruppo, un gruppo allargato, medio, piccolo secondo quanto vuole restringere o allargare il campo d’osservazione. Dobbiamo quindi capovolgere il pensiero riferendoci alla strutturazione di un legame primario, che non discende linearmente da una situazione duale per poi estendersi gradualmente ad acquisizioni affettive e sociali più allargate, quanto piuttosto che tende, cioè, a superare la dicotomia individuo-gruppo, e si concentra sul processo comunicativo in cui assumono rilevanza tanto l’individuo quanto il gruppo nel suo insieme. Secondo Foulkes, il progetto terapeutico di una gruppoanalisi è simile alle altre psicoterapie quanto alla catarsi, al transfert, ai processi di identificazione e controidentificazione, differenziazione e di proiezione; tuttavia nella situazione di gruppo agiscono alcuni fattori terapeutici che si possono ritenere specifici di un gruppo. Le tre istanze psichiche (Es, Io e Super-io), sono rappresentate nel gruppo attraverso scissione e spostamenti, capri espiatori e favoritismi. Il gruppo diviene simbolo di oggetti interni (madri, padri), ed oggetti esterni (mondo e altri in generale). Il paziente si rende conto che anche altre persone soffrono di problemi, ansie, impulsi simili ai suoi. Questa consapevolezza da sollievo e favorisce l’attenzione dei propri sensi di colpa. Il proprio materiale rimosso attraverso la “reazione speculare”, viene riconosciuto più facilmente in altri e ciò permette una discussione ed un’analisi che, anche se riferita ad altri membri del gruppo, è rivolta contemporaneamente a se stesso.  La polarizzazione consente ai vari membri la rappresentazione di un fenomeno unico attraverso più persone, ciò significa che ogni soggetto rappresenta un particolare aspetto di un problema ambivalente mostrandosi così eterogeneo.  

   Queste reazioni si basano sul fenomeno della risonanza, ossia su una comunicazione inconscia tra due o più membri del gruppo. In particolare, il partecipante vive intense emozioni, comportamenti, verbalizzazioni istintive nei confronti di un’altra persona, come se avesse percepito a livello inconscio le sue problematiche, anche se non espresse verbalmente. Il punto di differenziazione fra la psicoanalisi e la gruppo-analisi è che la prima pertiene ad un processo di coppia, in cui l’oggetto di studio è il mondo interno del soggetto; la gruppoanalisi si rivolge ad una moltitudine, centra, invece, sulla relazione fra più mondi interni, l’impianto è multipersonale. Pertanto il modello di Foulkes si oppone al principio che prima viene un apparato psichico individuale che, trascurando il contesto inteso anch’esso primario, negozia relazioni con altri individui separati e così forma un gruppo (prospettiva psicoanalitica- Freud, 1921); prospetta invece la realtà fenomenico-psicologica per la quale il soggetto umano sin dall’inizio si costituisce “in relazione a” un gruppo originario dal quale l’individuo viene artificiosamente estrapolato. Si tratta di un sistema aperto all’informazione proveniente dall’interno come dall’esterno, attento al trans-personale ma anche al trans-generazionale, e pertanto si considera tributario e derivato, non solo nei confronti della psicoanalisi ma anche della psicologia sociale, della sociologia, dell’antropologia e infine della storia delle neuro-scienze. Fra Bion e Foulkes ciò che è comune è rappresentato dalla scoperta del gruppo come un tutto, un tutto al quale pertiene sia la dinamica conscia che quella inconscia, un inconscio diverso da-quello-personale-studiato-dalla-psicoanalisi. La gruppoanalisi, per quanto nasce all’interno del pensiero psicoanalitico, lo supera proponendo un nuovo setting, una nuova teoria ed una fondazione categoriale diversa. Mentre la psicoanalisi si è interessata alla psicogenesi della malattia mentale, vale a dire alle cause primordiali e all’indagine storico-genetica, alla storia dei traumi individuali come unico metodo di approccio teorico e terapeutico, la gruppoanalisi ponendo l’attenzione sul qui ed ora della situazione terapeutica, sposta l’accento sulle prospettive di guarigione, sulla direzione in cui debbono aver luogo i cambiamenti e sul modo di ottenerli. La psicoanalisi non lascia spazio a valutazioni dell’individuo che permettono di cogliere un collegamento tra fattori sociali e la propria vita psichica inconscia.

   Il concetto di doppia referenza, proposto da Fornari (1976) , offre una lettura relazionale dell’inconscio. Gli individui nella loro relazione sociale hanno con la realtà una modalità relazione secondo cui, la realtà può essere intesa utilizzando sia il pensiero scientifico sia permette di classificare e porre in relazione i vari aspetti caratterizzanti il contesto; d’altro lato simbolizzando la realtà mediante categorizzazioni affettive regolate dai principi di generalizzazione e di simmetria propri del modo di essere inconscio della mente. Matte Blanco (1975) , identifica le categorizzaizoni affettive con le emozioni, che rappresenterebbero il modo di essere inconscio della mente nella sua mediazione con il contesto ambientale, che orienta l’inconscio e le simbolizzazioni affettive dei singoli che appartengono al contesto sociale stesso. Foulkes considerando la situazione psicoanalitica e quella gruppoanalitica, rileva in entrambe la mobilitazione dell’inconscio freudiano e, nella seconda situazione, anche l’attivazione di un’area diversa che chiama inconscio sociale o interpersonale. E’ inconscio nel senso che è parte del tessuto della psiche, ne forma la struttura stessa ed è costituito dalla tradizione e la storia da un lato, e da una presenza reale di un padre e di una madre. Egli afferma che la struttura e il contenuto della psiche sono modellati dall’esperienza piuttosto che dall’eredità.

   Secondo Bion (1961), non si può capire la sfera degli avvenimenti protomentali riferendosi all’individuo soltanto ed è invece negli individui riuniti che si trova il terreno adatto per capire la dinamica dei fenomeni protomentali. Nella sfera protomentale l’individuo è solo una parte di un sistema anche quando ad altri livelli mentali ha realizzato la distinzione.  Può scorrere l’immagine della fungaia: guardando una radura, l’osservatore vede i singoli funghi separati uno dall’altro e sparsi in una vasta area del prato; una fotografia a raggi infrarossi mostrerebbe invece non i funghi, ma la rete che li unisce. La rete che fa capo al sistema protomentale (la rete della fungaia), non è direttamente visibile; se però viene lesa, la lesione si manifesta con la sofferenza o la malattia di uno o più degli elementi (i funghi sparsi nel prato). I fenomeni allo stadio protomentale sono contemporaneamente, somatici e psichici. Bion rappresenta il sistema protomentale come qualcosa in cui il fisico e lo psicologico o mentale si trovano in uno stato indifferenziato. Sono questi livelli protomentali che sostituiscono la matrice delle malattie che si manifestano nell’individuo, ma hanno caratteristiche che dimostrano come sia il gruppo ad esserne affetto. A questo livello basico della vita mentale di un gruppo le persone che vi operano rispondono a stimoli collettivi con l’attivazione di risposte automatiche, il comportamento dei membri (e del gruppo nell’insieme) è indirizzato e diretto da un rudimentale cervello collettivo: il sistema protomentale.  Dal sistema protomentale, emergono anche le onnicomprensive fantasie collettive definite da Bion, assunti di base.


BIBLIOGRAFIA


Ancona, L., “Bion e Foulkes” in Funziona Gamma Journal.
Fornari, F., (1976), “la genesi delle simbolizzazioni affettive” in Carli, R., (a cura di) ” in Psicologia clinica. Torino: UTET.
Blanco, M., (1975) “Il sistema mentale inconscio” in Carli, R., (a cura di) ” in Psicologia clinica. Torino:UTET.
Di Maria, F., Lo Verso, G., (1995), La psicodinamica dei gruppi. Milano: Raffaello Cortina.
Di Maria, F., Lo Verso, G., (1995), “il gruppo in psicologia clinica” in La psicodinamica dei gruppi. Milano: Raffaello Cortina.

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